venerdì 12 febbraio 2010

RECENSIONI LIBRARIE: un saggio per Fogazzaro (Corrispondenza romana)

La casa editrice “Amicizia Cristiana”, che si ispira all’eredità dottrinale contro-rivoluzionaria del venerabile Pio Brunone Lanteri, ha ripubblicato un breve saggio dedicato al romanziere filo-modernista Antonio Fogazzaro (1842-1911) il quale, al di là della peculiare vicenda storica e biografica, e dell’aspra polemica religiosa che lo vide protagonista, è importante per la grande somiglianza che presenta con molte altre figure di cattolici progressisti del XX e del XXI secolo (A. Cavallanti, Antonio Fogazzaro nei suoi scritti e nella sua propaganda, Chieti, 2008, 5 euro).

Nato nel cremonese e ordinato sacerdote a soli 21 anni nel 1902, padre Alessandro si occupò da subito di giornalismo collaborando a varie gazzette dell’intransigenza cattolica, assumendo poi la direzione dell’“Unità Cattolica” nel 1909. Fu amico dei padri Mattiussi e de Thot ed ebbe sempre appoggi in Curia, per esempio dai cardinali Gennari e De Lai. Fondò gli Opuscoli Popolari Antimodernisti, collana in cui pubblicò il presente saggio (approvato dall’arcivescovo di Firenze e stampato in 10.000 copie), oltre a molteplici analoghi pamphlet. Collaborò anche alla “Sentinella antimodernista” e alla “Squilla”. Anti-murriano convinto e opposto alla cosiddetta stampa di penetrazione, nel 1913 sull’“Unità” scrisse il “Programma integrale dei cattolici papali”, in cui si opponeva – assieme alla corrente che militava apertamente per le posizioni espresse da san Pio X nell’enciclica Pascendi – al liberalismo in tutte le sue forme e accezioni, incluso l’incauto “liberalismo cattolico”. Allo scoppio della Grande Guerra p. Cavallanti fu nominato cappellano delle truppe di marina e morì a causa di un incidente ferroviario.

Il merito della riproposizione dell’opuscolo di padre Cavallanti sta già tutto nell’omaggio che i cattolici di oggi debbono rendere a quelle figure, a volte misconosciute o cancellate dalla memoria, che combatterono a suo tempo la buona battaglia, soprattutto contribuendo allo sviluppo del cosiddetto movimento cattolico, sorto sotto gli auspici del beato Pio IX e dedito a contrapporre ai laicisti di allora la fede, la morale e la tradizione dei padri. Il nostro critico dunque passa in rassegna brevemente le principali opere del celebre autore veneto: da Malombra (1881) a Daniele Cortis (1885), dal Piccolo mondo antico (1899) al Piccolo mondo moderno (1901), tutti contenenti alcune pagine di dubbia moralità, concentrandosi soprattutto sul romanzo-programma, di chiaro tenore modernista, Il santo (1905), messo all’indice nel 1906. Il Tyrrell capofila del modernismo nel mondo anglosassone lo definì “il romanzo del movimento”.

Il libro fu lodato e magnificato da padre Semeria e da Romolo Murri, da Salvatore Minocchi, Gallarati Scotti e Buonaiuti, mentre fu avversato o almeno criticato dalle riviste intransigenti, dalla Civiltà Cattolica e in generale dall’episcopato.

Dopo la condanna pontificia Fogazzaro dichiarò pubblicamente di sottomettersi, facendo bella figura. Però, solo alcuni mesi dopo, esattamente il 18 gennaio 1907, andò a Parigi e tenne una conferenza presso l’ “Ecole des Hautes Etudes”, subito pubblicata nella rivista conciliarista Il Rinnovamento. In essa, parlando di un personaggio assai ambiguo del romanzo Il santo, in cui vedeva la speranza della Chiesa, Fogazzaro disse ai suoi “buoni intenditori”: «Giovanni Selva appartiene al mondo della realtà quanto voi ed io. Gli ho posto uno pseudonimo e adesso sto per smascherarlo, la prima volta, davanti a voi. Il suo nome vero è Legione. Egli vive, pensa e lavora in Francia, in Inghilterra, in Germania, in America come in Italia. Porta la tonaca e l’uniforme come l’abito di società. Si mostra nelle Università, si nasconde nei Seminari. Lotta nella stampa, prega nell’ombra dei monasteri. Non predica quasi più, ma tiene ancora delle conferenze. E’ esegeta e storico, teologo e dotto, giornalista e poeta… Egli si crede una energia vitale del seno della Chiesa Romana, di quell’organismo colossale del quale si dice nel mondo che ha l’arterie ossificate dalla vecchiezza, che ha perduto la facoltà di adattarsi all’ambiente e che è colpito d’atassia» (pp. 35-36).

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